dice il cliente

dice il cliente

Filatelia ieri, oggi e... domani

Filatelia ieri, oggi e... domani

Leggo da più parti di un collezionismo filatelico in crisi per tutta una serie di motivazioni spesso individuate sulla scorta del ricordo, sempre fallace, nel mancato ricambio generazionale, nell’attenzione dei giovani verso forme diverse d’interessi, etc. etc.

 

Realtà incontrovertibili ma che spiegano in parte, in piccolissima parte, lo stato attuale le cui cause vanno ricercate analizzando le pubblicazioni dell’epoca che costituiscono i documenti del periodo che ha prodotto il presente.

 

Occorre risalire al periodo del cosiddetto “boom filatelico” che dalla metà degli anni sessanta del secolo scorso ha proiettato una consistente platea verso uno status economico tale da consentire anche per il settore collezionistico filatelico, ma non solo, una rilevante espansione.

 

Purtroppo il momento favorevole è stato gestito, tranne poche eccezioni, non con la finalità di preparare classi di collezionisti ad acquisire oggetti per il proprio piacere senza però sperperare i propri soldi bensì con la sola prospettiva del profitto. Se si segue la retta mercantile fino agli anni novanta risulta evidente la motivazione speculativa come predominante.

 

Dal Gronchi “rosa” alle “nuove repubbliche” (MALTA – MAN – JERSEY e poi LETTONIA, MOLDAVIA. etc. etc.) con intermezzi di “fosforino” (PACCHI CONCESSIONE L. 150) e “varietà” anche d’impossibile naturale genesi, una miriade ininterrotta di proposte al rialzo manipolato che non poteva non determinare, prima o poi, il crollo.

 

Emblematica la sbandierata impossibilità che si potesse produrre il fenomeno del “sotto facciale”, che a metà degli anni sessanta ha convinto pseudo-collezionisti pseudo-investitori ad accumulare, in grosse quantità, nuove emissioni nella indotta illusione di un profitto a breve termine con la conseguenza di perdite consistenti (dal 50 al 90%).

 

Le proposte commerciali amplificate da articoli appropriati sulle riviste specializzate, che all’epoca erano molto più numerose e con tirature non insignificanti, prospettavano, anche mediante interventi e interviste di personaggi riconosciuti come competenti, un radioso futuro per oggetti emessi con il solo scopo del profitto immediato. Tutto questo veniva confermato dal trend positivo dei cataloghi che “certificavano” annualmente un aumento generalizzato ponendosi come spinta a nuovi rialzi.

 

Se si analizzano le tirature negli anni sessanta-settanta ci si rende conto che solo una campagna pubblicitaria che avesse prodotto una reale richiesta diffusa avrebbe potuto ottenere un positivo riscontro. Invece, sarebbe stato assurdo puntare su un’espansione dell’uso postale ormai obsoleto per i tempi che prospettavano metodi meccanizzati per il pagamento dei servizi postali.

 

I commemorativi italiani passano dagli 1-2 milioni degli anni cinquanta ai 7-10 milioni nella metà degli anni sessanta quando “il tutto esaurito a pochi giorni dall’emissione” si estende ai valori facciali alti. I commemorativi da L. 500 del periodo con una tiratura non inferiore 2.500 mila producono, per ciascuna emissione, alle casse postali la ragguardevole minima cifra di 1.250 milioni. Le tirature aumentano ancora negli anni settanta fino ai 10-15 milioni nonostante una prima batosta subita dagli accumulatori “fogliaroli”, mentre si affacciano le “nuove repubbliche” che terranno banco nel prossimo decennio.

 

Decuplicate anche le tirature di S. Marino, che passa dai 60mila degli anni cinquanta ai 400-750mila degli anni sessanta, e di Vaticano che da 500-200mila dei primi anni cinquanta balza ai 700mila prima e con Paolo VI fino ai 5-7 milioni.

Dalla metà degli anni ottanta si assiste, per l’area italiana ma non solo, ad una diminuzione delle tirature a fronte di un aumento dei valori facciali e di nuove tipologie costruttive (foglietti, minifogli, libretti, etc.) ancora per una immutata finalità di solo profitto.

 

In definitiva manca oggi, rispetto al passato di cui ho accennato, quella platea convinta da un sistema commerciale artificioso di potere lucrare, a breve termine, facili e consistenti profitti. Il collezionismo attuale si presenta certamente di dimensioni minori ma altrettanto certamente meno inquinato da spinte speculative anche perché più attento e meno incline a credere possa esistere l’isola nel deserto.

 

Tra le cause dello scostamento del valore reale dalla quotazione di catalogo una politica che non ha saputo ampliare l’utenza cui era destinato il prodotto. Tutto ciò ha determinato un crollo che ha coinvolto, insieme con la “paccottiglia”, anche settori che per oggettive ragioni collezionistiche e commerciali non meritavano un ridimensionamento di così ampia portata. Saranno questi settori ad essere oggi oggetto a medio termine di plausibile rivalutazione specie se si tratterà il francobollo non trascurando l’aspetto economico.

 

Ne parleremo.

Lascia una risposta